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  • Enrico Cazzolino

Pillole di saggezza

Una questione di chimica


In questi giorni leggiamo numerosi articoli sull'abuso "ricreativo" di psicofarmaci da parte degli adolescenti. Utile che se ne parli, meno utile il tono generalmente allarmistico / moralistico dei media.


Non credo che i ragazzi di oggi pensino allo sballo più di quanto facessero alcuni fan di Hendrix, Doors e Beatles nei decenni scorsi.

Penso però che per loro (come per noi ex giovani) sia oggi molto molto più semplice avere accesso ad oceani di stimoli psicotropi: i contenuti web hardcore sono accessibili in un click, mentre per la fluoxetina c'è l'armadietto di casa, come indica il CNR.


Significativo che a mettere in risalto questo tema sia SINPF, società scientifica composta non solo da medici psichiatri e neurologi, ma anche da psicologi. Perché medici e psicologi osservano queste tendenze da tempo, ma quasi mai le affrontano insieme.


Vedo almeno quattro prospettive sullo stesso problema:

  • psicologia: chiunque abbia qualche esperienza clinica sa che le persone si rivolgono molto spesso allo psicologo "perché non voglio prendere farmaci" oppure riferiscono tranquillamente in terapia di assumere i farmaci prescritti dal medico secondo una posologia che ridefiniscono senza consultarlo. E in quei casi sta a noi fare il possibile per riorientare il paziente e riallacciare il contatto con il medico, per tutelare la salute della persona e per costruire il percorso di psicoterapia sulla stabilità garantita dalla terapia farmacologica.

  • psicoterapia ipnotica: è frequente che le persone cerchino un trattamento con l'ipnosi come sostituzione di un farmaco ideale. "Dottore ho provato con tutto, ho letto che l'ipnosi è potentissima". Il terapeuta dovrebbe somministrare l'ipnosi come una molecola prodigiosa, che elimina i sintomi velocemente e in modo automatico, senza richiedere l'impegno personale in un reale percorso di terapia ed autosviluppo.

  • medicina: non sono medico ma nel mio studio incontro sia persone che faticano molto a prendere i farmaci correttamente prescritti, sia persone a cui - al contrario - vengono prescritti per anni psicofarmaci che agiscono sui sintomi ma non curano le cause del disagio.

  • psicologia del lavoro: da almeno vent'anni in azienda si realizzano le cosiddette "pillole formative". Mini-corsi sulle più svariate tecniche di comunicazione, problem solving, leadership, eccetera. Sempre più brevi, sempre più a distanza, sempre più concentrati su "strumenti concreti" richiesti dal management. Anche qui, in contesti solo apparentemente distanti dalla sofferenza mentale, un modello meccanico dello sviluppo umano: prendi la pillola - impari - applichi - lavori (meglio? di più?). Io stesso realizzo corsi di formazione brevissimi presso le aziende, ma non riesco più a chiamarli "pillole".

Dunque, non credo che gli adolescenti prendano gli psicofarmaci con intenti "ricreativi" perché sono irrimediabilmente devianti. Penso che apprendano modelli di comportamento dagli adulti: se siamo noi - pazienti o professionisti sanitari - a voler curare la vita solo con la pur utilissima chimica, i ragazzi faranno come noi.


E sanno benissimo dove teniamo le caramelle.




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Dott. Enrico Cazzolino