Una questione di chimica
In questi giorni leggiamo numerosi articoli sull'abuso "ricreativo" di psicofarmaci da parte degli adolescenti. Utile che se ne parli, meno utile il tono generalmente allarmistico / moralistico dei media.
Non credo che i ragazzi di oggi pensino allo sballo più di quanto facessero alcuni fan di Hendrix, Doors e Beatles nei decenni scorsi.
Penso però che per loro (come per noi ex giovani) sia oggi molto molto più semplice avere accesso ad oceani di stimoli psicotropi: i contenuti web hardcore sono accessibili in un click, mentre per la fluoxetina c'è l'armadietto di casa, come indica il CNR.
Significativo che a mettere in risalto questo tema sia SINPF, società scientifica composta non solo da medici psichiatri e neurologi, ma anche da psicologi. Perché medici e psicologi osservano queste tendenze da tempo, ma quasi mai le affrontano insieme.
Vedo almeno quattro prospettive sullo stesso problema:
psicoterapia ipnotica: è frequente che le persone cerchino un trattamento con l'ipnosi come sostituzione di un farmaco ideale. "Dottore ho provato con tutto, ho letto che l'ipnosi è potentissima". Il terapeuta dovrebbe somministrare l'ipnosi come una molecola prodigiosa, che elimina i sintomi velocemente e in modo automatico, senza richiedere l'impegno personale in un reale percorso di terapia ed autosviluppo.
medicina: non sono medico ma nel mio studio incontro sia persone che faticano molto a prendere i farmaci correttamente prescritti, sia persone a cui - al contrario - vengono prescritti per anni psicofarmaci che agiscono sui sintomi ma non curano le cause del disagio.
psicologia del lavoro: da almeno vent'anni in azienda si realizzano le cosiddette "pillole formative". Mini-corsi sulle più svariate tecniche di comunicazione, problem solving, leadership, eccetera. Sempre più brevi, sempre più a distanza, sempre più concentrati su "strumenti concreti" richiesti dal management. Anche qui, in contesti solo apparentemente distanti dalla sofferenza mentale, un modello meccanico dello sviluppo umano: prendi la pillola - impari - applichi - lavori (meglio? di più?). Io stesso realizzo corsi di formazione brevissimi presso le aziende, ma non riesco più a chiamarli "pillole".
Dunque, non credo che gli adolescenti prendano gli psicofarmaci con intenti "ricreativi" perché sono irrimediabilmente devianti. Penso che apprendano modelli di comportamento dagli adulti: se siamo noi - pazienti o professionisti sanitari - a voler curare la vita solo con la pur utilissima chimica, i ragazzi faranno come noi.
E sanno benissimo dove teniamo le caramelle.